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Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/134

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183.Senz’altro indugio ei se ne va con essa
dove il fabro crudel guarda la posta,
e con la sua sottil destrezza istessa,
gli scambia l’altra, c’ha nel suol deposta;
né veduto è da lui quando s’appressa,
ch’altrove intanto ogni sua cura ha posta,
mentre la caccia insieme e la vendetta,
insidioso uccellatore, aspetta.

184.Venia l’augel con ali basse il suolo
quasi radendo, e l’adocchiò Vulcano,
che per troncargli in un la; r ita e ’l volo
l’arco incurvò con la spietata mano,
e ’n quel petto scoccò, ch’avezzo solo
era ai colpi d’Amor, colpo inumano.
Ma la saetta d’òr da la ferita
sangue non trasse, e non tu pur sentita.

185.L’insensibile strale aventuroso
còlselo sí, ma fé* l’usato effetto,
che per novo miracolo amoroso,
in vece di dolor, gli diè diletto;
e quell’amor, che forse era dubbioso,
per sempre poi gli stabilí nel petto.
Cosí chi tende altrui froda ed inganno
è ministro talor del proprio danno.

186.Fuggito Adon lo scelerato oltraggio
del feritore infuriato e pazzo,
stanco, ma quasi a fin di suo viaggio
giunt’era a vista del divin Palazzo,
quando trovò sotto un ombroso faggio
due Ninfe de la Dea starsi a sollazzo,
ed avean quivi ai semplici usignuoli,
che tra’ rami venian, tesi i lacciuoli.