Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/136

Da Wikisource.


191.Volava intorno a quel felice loco
Zefiro, il bel cultor del vicin prato,
e de’ sospiri lor temprando il foco
con la frescura del suo lieve fiato,
e con vago ondeggiar, quasi per gioco
sventolando il cimier de l’elmo aurato,
facea concorde a le frondose piante
l’armatura sonar vota e tremante.

192.Sopiti omai de la tenzon lasciva
gli scherzi, le lusinghe, e le carezze,
giunti eran giá trastulleggiando a riva
de l’amorose lor prime dolcezze.
Giá dormendo pian pian dolce languiva
la Reina immortai de le bellezze;
né men che ’l forte Dio, la bella Dea
tutte le spoglie sue deposte avea.

193.Pargoleggianti esserciti d’Amori
fan mille scherni al bellicoso Dio;
e qual guizza tra’ rami, e qual tra’ fiori,
qual fende l’aria, e qual diguazza il rio;
e perché carchi d’ire e di furori
non cede in tutto ancor gli occhi a l’oblio,
tal v’ha di lor, che ’n lui tacito aventa
un sonnacchioso strai, che l’addormenta.

194.Lasciasi tutto allor cader riverso
il feroce Motor del cerchio quinto,
e nel fondo di Lethe a pieno immerso
sembra vie piú ch’addormentato, estinto.
Di sangue molle, e di sudore asperso,
dal moto stanco, e dal letargo vinto,
rallentati, non sciolti i nodi cari,
soffia il sonno dal petto, e da le nari.