Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/139

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203.Questi d’insegna in vece, il vel disciolto
volteggia a l’aura, e quei l’afferra e straccia.
Colui la testa impaurito e ’l volto
ne la celata per celarsi caccia,
e dentro vi riman tutto sepolto
col busto, con la gola, e con la faccia.
Costui volgendo a l’aversario il tergo
corre a salvarsi entro ’l capace usbergo.

204.Ma ecco intanto il Principe maggiore
de l’alato squadron, che lor comanda.
Comanda dico agli altri Amori Amore,
agli altri Amori, i quai gli fan ghirlanda,
ch’ad onta sia del militare onore
tosto legata a la purpurea banda
la brava spada, e ’n guisa tal s’adatti,
ch’a guisa di timon si tiri e tratti.

205.Senza dimora il grave ferro afferra
sudando a prova il piieril drappello.
Ciascuno in ciò s’essercita, e da terra
sollevarlo si sforza or questo, or quello.
Ma perché ’l peso è tal, ch’a pena in guerra
colui che ’l tratta sol può sostenello,
travaglian molto, ed han tra lor divise
le vicende e le cure in mille guise.

206.Chi curvo ed anelante andar si mira
sotto il gravoso e faticoso incarco.
Chi la gran mole assetta, e chi la gira
dov’è piú piano e piú spedito il varco.
Chi con la man la spinge, e chi la tira
o con la benda, o col cordon de l’arco.
L’orgoglioso fanciul guida la torma
tanto che con quell’asse un carro forma.