Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/163

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19.La destra tien di lungo spiedo annata,
di cuoio cotto a l’altro una rotella.
Una testa di Lupo ha per celata,
celata insieme e spaventosa e bella,
che la bocca sbarrando ampia e dentata
le fauci formidabili smascella.
L’ispide orecchie, ch’irte in alto stanno,
in loco di cimier cresta le fanno.

20.Appressati costoro al Giovinetto,
che dagli occhi dal sonno ancor sopiti
spirava un dolce e languido diletto,
stupefatti restaro, e sbigottiti,
quasi a la vista di quel primo aspetto
da repentino fólgore feriti.
De l’armi intanto al suon, che tocche e mosse
facean strepito insieme, ei si riscosse.

21.Non s’atterrí (che vago era di morte)
in mirar gente sí feroce e cruda.
— Venite — disse — e con l’estrema sorte
la mia favola lunga omai si chiuda. —
Il Bargel de la squadra, acceso forte
di beltá tanta, alzò la destra ignuda,
e confortollo, e fe’ che si drizzasse,
poi pian pian prigionier dietro sei trasse.

22.Di strada uscirò, e quindi or alto, or basso
tra l’erte piú diffícili d’un monte
giunser, torcendo il calle, a piè d’un sasso,
che d’alte querce ombrosa avea la fronte.
Torre in cima sorgea, cui dava il passo
sovra doppie catene angusto ponte.
Quest’era de’ Ladron la cova e ’l nido,
questo il refugio lor secreto e fido.