Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/197

Da Wikisource.


155.Adon fra questo mezo era assai prima
campato fuor del periglioso varco,
perché reggendo scintillar da l’ima
parte le stelle, ove s’apria quell’arco,
asceso de la vòlta in su la cima
il passo si spedi leggiero e scarco,
e malgrado de’ rubi, e de l’ortiche,
al termine arrivò de le fatiche.

156.Uscito fuor di tenebre e di grotte,
mosse ai passi dubbiosi i piè tremanti,
né molto andò per quelle balze rotte,
che sentí gente caminarsi avanti;
e vide (perché chiara era la notte)
per la strada medesma andar tre fanti,
e ’l primo innanzi ai duo, sí come Duce,
portava in cavo ferro ascosa luce.

157.Furcillo era costui, che posto cura
quando da Malagor sepolta fue,
venia Filora a trar de l’urna oscura
per cupidigia de le spoglie sue.
Or tosto ch’ad aprir la sepoltura
fu giunto il ladroncel con gli altri due,
la lapida levár, che la copria,
e ’l cadavere suo ne portár via.

158.Per mirar meglio Adon ciò che n’avegna,
ritratto in parte a’ suoi nemici ignota,
ne l’arca istessa ascondersi disegna,
che restò mezo aperta, e tutta vota.
Ma mentre che nel marmo entrar s’ingegna,
fa che caggia il coverchio, e ’l suol percota.
A quel romor color, ch’innanzi vanno,
lascian la preda, ed a fuggir si danno.