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GLI ERRORI

I98

183.Voi, che chiudete in cavernoso tetto
il mio dolce tesoro, o chiavi avare,
aprite (prego), e poi m’aprite il petto,
quell’uscio sordo a le mie voci amare;
ond’egli a riveder l’amato oggetto
torni del Sole, io de le luci care:
luci, che piú di voi fide e soavi
son del mio core e carceriere, e chiavi.

184.Ferri spietati, che que’ lumi belli
sotto tenebre indegne avete ascosí,
per cancellar con rigidi cancelli
di celeste beltá raggi amorosi,
s’ai fedeli d’Amor siete rubelli,
se sdegnate ascoltar preghi amorosi,
crudel quella fucina, e quel terreno,
che vi temprò, che vi raccolse in seno.

185.Ché non cedete omai libero il loco
di chi vi prega al fervido desio?
O come a tanto, e sí cocente foco
ancora intenerir non vi vegg’io?
Concedetemi almen, che pur un poco
possa l’ésca appressar de l’ardor mio.
Poi di voi faccia (io son contento) Amore
e catena al mio piede, e spada al core. —

186.Qui tacque, e risalir vòlse in arcione
l’aventurier da l’armatura bruna,
perché vide non lunge il vago Adone
al balenar de la sorgente Luna;
e stretto il ferro avea contro il Garzone,
la cui vista gli fu troppo importuna,
e si sdegnò che lamentar l’udisse:
se non ch’egli il prevenne, e cosí disse: