Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/258

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GLI ERRORI

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399.Quando fu quivi il Giovane condotto,
fin a le stelle si levár le strida,
ch’ai cinto, al velo insanguinato e rotto
tosto il conobbe ognun per omicida;
né tempo avea ’l meschin pur da far motto,
né da dir sua ragion fra tante grida.
Sidonio il vide, e vide esser colui
ch’accontato quel dí s’era con lui.

400.Quest’era Adon, che poi ch’a terra spinto
fu da l’uomo inuman, diede in costoro.
Contando a tutti il caso allor distinto
il Prence, e com’al bosco insieme fòro,
innocente il dichiara, ancor che ’l cinto
il contrario dimostri, e ’l drappo d’oro;
e dá relazion lunga e diffusa
di quanto giá cantò la nostra Musa.

401.In questo tempo il giusto Ciel, ch’offeso
non nega ai falli mai devuta pena,
co’ duo complici suoi legato e preso
quivi Furcillo il ladro a tempo mena.
Allor meglio è da tutti il fatto inteso,
ché n’han dal bell’Adon notizia piena,
ed a forza di strazii e di tormenti
giá confessano il vero i delinquenti.

402.Quanto a la Donna, pria, narra Furcillo,
ch’egli da Malagor vide svenarla,
perché con gli altri di lontan seguillo,
e poi la disterrò per dispogliarla.
Ma ’l Garzon come cadde e chi ferillo
nulla dice saperne, e piú non parla.
Sí aspra è la tortura, e sí gli dole,
che la vita vi lascia, e le parole.