Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/306

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167.Onde a l’onor, che le nemiche alletta,
a prova anco le sue stimula e punge,
e la quarta da manca al segno affretta,
ma piú tarda d’un passo, ancor n’è lunge.
La bianca intanto ad occupar soletta
il bel talamo vóto ecco pur giunge,
e de l’ereditá che le perviene
con applauso de’ suoi lo scettro ottiene.

168.Del diadema novel la Donna allegra
allenta al corso impetuosa il freno,
e possedendo la campagna integra
l’alte ruine risarcisce a pieno.
Cade trafitta la Guerrera negra
su ’l confin de la meta, un grado meno.
Fuggon l’altre reliquie, e ’l Re confuso
da duro assedio è circondato e chiuso.

169.Di Maia il figlio, che vicin gli siede,
compatisce d’Adon la doglia intensa,
e nov’arti volgendo, osserva e vede
che la Dea degli Amori ad altro pensa,
perché ’ntesa a tentar col piede il piede
de l’amato Garzon sotto la mensa,
null’altro cura, e di se stessa fòre
vince misera il gioco, e perde il core.

170.Il tempo coglie, e ne l’aurato e bello
bossolo, ch’ai cadaveri cattivi
de’ vinti in guerra è carcere ed avello,
stende gli artigli taciti e furtivi.
Un Arcier bruno ed un destrier morello
ne tragge, ed a pugnar gli torna vivi,
ma perché gli atti e i movimenti sui
ciascun risguarda, adopra il mezo altrui.