Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/308

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175.S’accorcia il corpo, e fin sovra la nuca
ne la macchiata spoglia ascoso stassi.
Con quattro piè convien che si conduca,
che con gran tarditá mutano i passi.
Trasformata di Ninfa in Tartaruca,
tra spelonche profonde a celar vassi;
e ’l grave incarco del nativo albergo
sempre, dovunque va, porta su ’l tergo.

176.— Prendi d’ardir sí sciocco il premio degno
disse la Dea con iracondo aspetto. —
Ad irritar de’ sommi Dei lo sdegno
impara, ed a turbar l’altrui diletto!
Quel tuo sí pronto e sí spedito ingegno
piú ch’altro or diverrá tardo ed inetto.
Quelle man giá si preste a far inganno,
pigre altrettanto e stupide saranno.

177.Del tuo vivo sepolcro abitatrice,
in effigie di bestia insieme e d’angue,
animato cadavere infelice,
senza viscere vanne, e senza sangue.
Severa stella, del tuo fallo ultrice,
colá ti scòrga ove si torpe e langue,
tra granchi, e talpe, e chiocciole, e lumache
in caverne palustri, e ’n valli opache.

178.Dal peso che cagion fu de’ tuoi mali,
in ogni tempo avrai l’omero oppresso;
e quando fra lo stuol degli animali
ricercata sarai da Giove istesso,
innanzi a’ suoi divini occhi immortali
a te sola venir non fia concesso,
scusandoti con dir d’esser rimasa
a custodir la tua dipinta casa.