Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/357

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115.Un de’ Padri coscritti era Gelardo,
giá Duce in guerra, or consiglierò in pace.
Par questi in vista uom sonnacchioso e tardo,
e tra cupi pensieri immerso tace;
ma sotto pigra fronte, e lento sguardo
vigila ingegno arguto, e cor vivace.
Spesso grave sembiante, e basso ciglio
cela pronto discorso, alto consiglio.

116.Mostrò costui con ottima ragione
ch’Amor molto non ama oscura scorza,
però che ’n spento e gelido carbone
senz’alcun lume il foco suo s’ammorza.
Il piacer, ch’ad amar n’è sferza e sprone,
da color differenti acquista forza.
Natura sol per variar s’apprezza,
da tal varietá nasce bellezza.

117.Aggiungi poi, che raccorciato in suso
quel che fa duo spiragli a l’odorato,
troppo curvo e ritorto, e troppo ottuso
spalanca troppo il gemino meato.
Cosí con due repulse alfine escluso
da la Diva in un punto, e dal Senato,
tutto avampando di sdegnoso foco
partesi, e cede a Ligurino il loco.

118.E Ligurino al paragon comparse,
lavor ben degno de l’eterna mano.
Non so s’a par di quel possa trovarse
ben tagliato e disposto un corpo umano.
Venne, però che ’l cor d’invidia gli arse
l’altero stato del maggior germano.
Germano era minor del Re Licaba,
ch’avea sotto il suo scettro Arabia e Saba.