Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/370

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167.Il bell’Adon, che con l’occulta scorta
di Mercurio, d’Amore, e de la madre,
tardi, ben che per via facile e corta,
giunt’era a la cittá che fu del padre,
notturno entrò per la superba porta
poi che n’uscír le congregate squadre,
ed a lume di lampade le cose
de la gran mole a contemplar si pose.

168.In un canton del Tempio alfin distese
sovra il duro terren le membra lasse,
e quasi prima in Occidente scese
la notte, che dal sonno ei si destasse.
Desto, a la luce de le faci accese,
per mirar ben l’altare, oltre si trasse,
mentre i soldati, acconcio il capo al manto,
dopo lungo vegghiar dormiano alquanto.

169.Trova quivi Barrino, un Greco astuto,
villan di stirpe, uom vile e fraudolento,
ed al cui corpo picciolo e minuto
la malizia supplisce, e ’l tradimento:
di capo aguzzo, e di capei ricciuto,
e senza piú che quattro peli al mento,
rosso, ma d’un rossor che pende al fosco,
ed ha sguardo fellone, ed occhio losco.

170.Veste di fronte intrepida e secura
pensier malvagio ed animo maligno,
né mai cangia color la faccia oscura,
che picchiata è di giallo e di sanguigno.
Accoppia a pronto dir lingua spergiura,
porta in core il veleno, in bocca il ghigno.
Diria per poco argento, e per poc’oro:
— Giove, non ti conosco, e non t’adoro. —