Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/384

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223.Donde derivi in lui tanta arroganza
veder non so, davante a si gran Nume.
Per aver di Vulcan la somiglianza
forse con Citherea tanto presume!
Ma dove manca la civil creanza,
la natura supplisce al vii costume,
poi che mentre traballa or alto, or basso,
suo malgrado s’inchina a ciascun passo.

224.Ma se col fasto eccede e con l’orgoglio
ogni proporzi’on di sua statura,
scusar lo deggio, e perdonar gli voglio,
ch’aver vuoisi riguardo a la figura,
in cui qual Pittor saggio in breve foglio
le sue grandezze impicciolí Natura.
S’egli ancor che si drizzi, è sí piccino,
or che farebbe inginocchiato e chino?

225.Abbiasi dunque mira a la corona,
pongasi doppia cura, e doppia mente,
perché, mentre fra gli altri or si tenzona,
non la rapisca il Semideo valente;
eh’essendo per cagion de la persona
poco men ch’invisibile a la gente,
se vorrá tòrla contro i sacri patti,
uopo non fia che fugga, o che s’appiatti. —

226.Per questo ragionar non si ritira,
anzi pur oltre il Paladin procede,
che se ben de la turba il riso mira,
de le vergogne sue nulla s’avede.
Ma quando altero a l’aureo cerchio aspira,
e di toccarlo e di levarlo ei crede,
trema in guisa l’altar, ch’altrui spaventa,
e la Dea folgorando un calcio aventa.