Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/433

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131.A quella smorta e lagrimosa faccia,
al Sol di que’ begli occhi, or fatto oscuro,
chiaro ben m’avegg’io, quanto ti spiaccia
l’alto presagio del gran mal futuro,
ch’orribil morte al bell’Adon minaccia
pria che sia de’ verd’anni il fior maturo.
Ma per cose giá mai gioconde o meste
alterar non si deve alma celeste.

132.Del sovrano Motor l’amata prole,
di quanto Amor governa alta Reina,
che non fará? che non potrá, se vòle?
Qual legge astringer può forza divina?
Facile, o Dea, ti fia, s’al tuo bel Sole
perpetua notte empio destin destina,
con quell’impero che lassú t’è dato,
vincer Natura, ed ingannare il fato.

133.Spesso per grazia a l’uomo il Ciel concede
le sue tempre eternar caduche e frali.
Arianna non conto, e Ganimede,
ch’a l’alte Deitá son fatti eguali,
e per Bacco e per Giove ancor si vede
che tra le stelle vivono immortali.
L’essempio piú vicin solo ti mostro
d’un noto cittadin del regno nostro.

134.Glauco, che da Nettuno in fra lo stuolo
ascritto fu de la marina classe,
pria ch’entrando nel mar, lasciando il suolo,
fatto scaglioso Dio forma cangiasse,
era vii pescatore, avezzo solo
a le reti, a le canne, ed a le nasse.
Ma per somma ventura ottenne in sorte
(ben che mortai) di superar la morte.