Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/469

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75.Come quando Aquilon rapido e stolto
rompe le sbarre, e le catene scioglie,
e sorgendo di Scithia, in nembo folto
l’aride nubi e tempestose accoglie,
mentre gonfia soffiando il nero volto,
fa le piante tremar, cader le foglie,
e sferza i lidi orribilmente, e spazza
tutta del mar la spaziosa piazza:

76.cosí saltata alfin la Bestia brutta
del fangoso canneto oltre i confini,
fa stracciata stormir la selva tutta,
scote le querce, e schioma i faggi e i pini,
onde par che percossa e che distrutta
da procelloso turbine mini,
le pietre schianta, e degli antichi arbusti
sbarba i tronchi piú saldi, e piú robusti.

77.Torce obliqua la testa, e con piú stizza
ch’indomito Torel, grugnisce e mugge,
e mentre invèr la selva il corso drizza,
ciò che s’oppon tra via, sbaraglia e strugge.
Vendicarsi però di chi l’attizza
ancor non potè, ognun s’arretra e fugge.
Senza pur adoprar le zanne orrende
sol col terror degli occhi ei si difende.

78.Le macchie attraversando e le boscaglie,
altrui malgrado, insuperbito passa.
Le doppie reti e le ben grosse maglie
squarciate a terra e dissipate lassa.
Corre, e con l’urto abbatte aste e zagaglie,
spiedi e spunton con l’impeto fracassa.
Se guata o morde, orribile e pungente
par lo sguardo balen, fulmine il dente.