Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/47

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147.Repente allor de l’arbore ch’io dissi
crepò la scorza e ’l vóto ceppo aperse.
Tutta per mezo (oh meraviglia) aprissi,
ed a la coppia il cavo ventre offerse.
Quindi per una via che ’nvèr gli Abissi
scender parea, Silvania il piè converse,
e passando a le viscere piú basse
de la buccia capace, Adon vi trasse.

148.Entra, ed ha seco il precursor Foriero,
quel che tanto gli mostra amore e fede,
io dico il Cagnolin che giá primiero
trovò posando in quella selva il piede.
Questo per disusato ermo sentiero
non l’abbandona mai, sempre il precede;
e chiuso il tronco, ei che ’l camino intende,
per una scala a chiocciola discende.

149.Per mille obliqui e tortuosi giri
serpendo senza termine la scala,
e senza che di ciel raggio si miri,
tra profonde ruine in giú si cala.
Sente Adon, quasi greve aura che spiri,
ad ora ad ora alcun vapor ch’essala,
e sussurrando scotersi sotterra
i vènti che ’l gran monte in grembo serra.

150.Un’ora e piú per l’alta gola angusta
di quel gran labirinto andaro al basso,
fin che trovár concavitá vetusta,
dove a scarpelli era tagliato il sasso.
A quella buca, omai dagli anni frusta,
sempre al buio e tenton drizzaro il passo,
e ne le foci lor spicciar da’ monti
videro in vivi gorghi i fiumi e i fonti.