Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/475

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09.Tu Morazzon, che con colori vivi
moribondo il fingesti in vive carte,
e la sua Dea rappresentasti, e i rivi
de Tacque amare da’ begli occhi sparte,
spira agl’inchiostri miei di vita privi
l’aura vital de la tua nobil arte,
ed a ritrarlo ancor morto, ma bello
insegni a la mia penna il tuo pennello.

100.Arsero di pietate i freddi fonti,
s’intenerir le dure querce e i pini,
e scaturir da le frondose fronti
lagrimosi ruscelli i gioghi alpini.
Pianser le Ninfe, ed ulular da’ monti
e da’ profondi lor gorghi vicini.
Driadi e Napee stempraro in pianto i lumi,
quelle, ch’amano i boschi, e queste i fiumi.

101.V’accorse Clizio, ed al soccorso seco
venne, ma ’ndarno, intempestiva gente,
eh’ad appiattarsi in solitario speco
sen glo la Fera, e sparve immantenente.
Cosi Lupo ladron per l’aér cieco
poi c’ha nel gregge insanguinato il dente,
ricoverto dal vel de l’ombra fosca
serra al ventre la coda, e si rimbosca.

102.Dove, Venere bella, ahi dove sei?
e dove son le tue promesse tante?
quando lassú nel regno degli Dei
per rincorar lo sbigottito amante,
dicesti, ch’a placar gl’influssi rei
di quel Pianeta irato e minacciante
bastava un sol de’ tuoi benigni sguardi?
Or ecco i detti tuoi falsi e bugiardi!