Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/496

Da Wikisource.


183.Gran Padre or tu, che su ’l gran trono assiso
hai de le cose universal governo,
poscia c’hai tanto ben da me diviso,
rompi le leggi del destin superno.
L’invida man, c’ha quel bel hi reciso,
perché l’attorce a la mia vita eterno?
Perché per dura ed immutabil sorte
mortalar l’immortal non può la Morte?

184.Oh perché di sorbir non m’è concesso
in cima a un bacio, o in un sospiro accolta
una morte medesma entro l’istesso
labro, ove l’alma mia vive sepolta?
Impotente dolor, poi che per esso
non può dal vital nodo esser disciolta!
Ahi che troppo contraria al bel desire
questa immortalitá mi fa morire. —

185.Con quel poco di spirto che gli resta,
di Ciprigna i lamenti Adone udia,
né potend’altro, in flebil voce e mesta
dir le volea «Mia vita, Anima mia».
Ma sprigionata l’anima con questa
parola aperse l’ali, e volò via;
e da la bocca essangue e scolorita
in vece di «Mia vita», uscí la vita.

186.Uscí sdegnosa, e quasi svelta a forza
de la cara magion poco abitata,
lasciando pur malvolentier la scorza
l’alma di sí bel corpo innamorata.
Mentre de’ chiari lumi il foco ammorza,
impietosisce ancor Morte spietata;
e sentendo scaldarsi il cor di ghiaccio,
per volerlo baciar, lo stringe in braccio.