Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/530

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47.Piú volte e piú da quella parte e questa
gimmo e tornammo a la medesma guisa,
onde tra noi la palma in dubbio resta
a lance egual sospesa ed indivisa;
quand’ecco il crudo disco (oimè) s’appresta
a far che sia la pugna alfin decisa,
ch’è di metallo ben massiccio, e tondo
quasi un paleo di smisurato pondo.

48.Toglie il figlio d’Amicla il vasto peso,
che prima in alto poggia, e poi ruina,
ed ogni sforzo a la gran prova inteso,
l’un e l’altro ginocchio allarga e china.
L’alza a fatica, alfin poi che l’ha preso,
con piè ben fermo e faccia al ciel supina
le braccia allenta, e ’l turbine veloce
segue con la persona, e con la voce.

49.lo, che veggio il suo lancio andarne a vóto,
ché poco in sú si leva e si dilunga,
e che fatto piú lubrico dal moto
gli cade a piè pria ch’a mez’aria giunga,
mi provo anch’io, ma noi sollevo e roto,
ben che del premio alto desir mi punga,
prima che ’l guardi e ’l tocchi: acciò che ’l gitto,
essendo il cuneo egual, vada piú dritto.

50.Poi che d’intorno ho ben squadrato il giro,
tutto piú volte lo misuro e libro,
e per far meglio, e trar piú lunge il tiro,
la man su per l’arena io frego e cribro,
volgo in alto la fronte, e ’l ciel rimiro,
e su le membra mi bilancio e vibro,
perché vo’ che con scoppio e con rimbombo
saglia a le nubi, e poi trabocchi a piombo.