Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/603

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339.Sovr’otto alte colonne, e sotto un cerchio
ripiegato in mez’arco, un’arca giace,
che la statua d’Amor tien nel coverchio
piangente, e ’n atto d’ammorzar la face.
Nulla di scarso, e nulla ha di soverchio
per esser d’un cadavere capace;
ed è di pietra lucida ma bruna,
semplice, schietta, e senza macchia alcuna.

340.Di qua di lá la machina funesta
ha d’una e d’altra parte un nicchio vóto.
La Morte in quella, e la Fortuna in questa
scolpite son, ch’aver sembrano il moto.
Ne l’altro spazio inferior che resta,
altri duo n’ha; ne l’uno espressa è Cloto,
Cloto che piagne, e Torride sorelle
par che ’n troncando un fil piangano anch’elle.

341.Dincontro a queste havvi le Grazie incise,
che vòlte a risguardar le Dee crudeli,
da le vedove chiome al suol recise
straccian dolenti le ghirlande e i veli.
Lo Scultor, che l’ha finte in cotai guise,
fa che ciascuna pianga e si quereli,
e per farla spirar, dona e comparte
de Tistessa Natura il fiato a l’Arte.

342.Vago festone a le cornici altere
tesse serpendo intorno intorno un fregio,
e v’ha di Cani sculti, e v’ha di Fere,
di dardi e lasse un magistero egregio.
In cima a l’arco Adon si può vedere
sovr’aureo trono e di mirabil pregio.
L’na gloria d’Amori alto il sostenta,
ed al vivo l’effigie il rappresenta.