Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/695

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263.Di pace impaziente, e di dimora,
sente l’odor de la vicina guerra.
Tende l’orecchie, e sbuffa ad ora ad ora:
le nari ad or ad or gonfia e disserra.
Tutto spumoso il ricco fren divora,
drizza il collo, erge il crin, gratta la terra.
E tosto che tre volte ode la tromba,
par sasso che volando esca di tromba.

264.Gli stringe i fianchi, e l’una e l’altra costa
con gli stimuli d’or punge e ripunge,
e di lá dove a punto il colpo apposta,
va per dritto a ferir non molto lunge.
11 buon destrier, ch’ai termine s’accosta,
para in tre salti, e quando alfin vi giunge,
al mormorio de l’ottenuta laude
con la test’alta e col nitrito applaude.

263.Tra ’l segno inferior, ch’è ne la gola,
e ’l secondo di mezo il tronco ei spezza;
e ben che ’l pregio è d’una botta sola,
Vener, che molto il suo fedele apprezza,
col dono avantaggiato il riconsola
d’un fornimento pien d’alta ricchezza;
guernigion da destrier superba e bella
con testiera, e groppiera, e fascia, e sella.

266.A lui succede un Saracin di Tarso,
che la corazza e la divisa ha nera,
e di serpi d’argento il campo sparso
de la cotta, clic l’arma a la leggiera.
Con l’asta in pugno è ne l’agon comparso,
che pur di negro in cima ha la bandiera.
Su ’l sinistro galon curva la storta,
e ’l turcasso con l’arco al tergo porta.

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