Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/766

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maggiori, la Gierusalemme distrutta e le Trasformazioni, non. mi occorre di parlare per ora ... » [lett. n. 138]; maggiori (se non son spagnolate) rispetto allo stesso Adone e alla Strage de gl’innocenti, nominati in apertura della medesima lettera (gennaio 1620). (Lo stesso abbinamento nell’Adone : E ’l Duce canterei famoso e chiaro / Che di giusto disdegno in guerra armato / Vendicò del Messia lo strazio amaro / ... / E canterei col Sulmonese al paro / Il Mondo in nove forme trasformato [IX, 6]). Il primo biografo del Marino, G. B. Baiacca (1625), fornisce in maniera suggestivamente dettagliata l’« argomento » del « voluminoso » poema, e si è di recente autorevolmente sostenuto che con esso vada identificato quell’« altro poema grande ... in cui molto piú si compiace, opera sua favorita e diletta e nuovo genere non piú tentato da’ volgari, dove impiega tutto il suo studio e da cui spera tutta la gloria sua », di cui si parla nel famoso catalogo delle opere in gestazione premesso (a firma Onorato Claretti) alla terza parte delle Rime (1614). Ma sará piuttosto da credere che avesse ragione lo Stigliani : « Di questo secondo poema [le Trasformazioni] egli veramente non n’ha composto pur un minimo verso, perché non ne mostra nulla a persona del mondo, ma solamente dice a bocca l’argomento della favola e questo variamente ed in piú maniere ... ». Non soccorre, qui, la spiegazione psicologica che Marino fosse un bugiardo, né quella tattica, che l’esibizione scorciata di tal sesquipedale cantiere, come quello spalancato dallo pseudo Claretti, valesse a disperare ogni avversario. L’invenzione, anche particolareggiata, di spazi di lavoro possibili, la delineazione di scacchieri futuribili sulle soglie dell’onirico, è connaturata a quella aspirazione alla « forma trascendentale », che si realizza nel work in progress dell’elione, con la tipica tendenza — si è osservato — a » trasformare ogni nuova esplorazione di un genere letterario in un tentativo dotato di validitá assoluta » (e quindi di unicitá). L’Adone poema trascendentale, o poema dei poemi, divora non solo il poemetto del 1605, non solo tutti i possibili « Adoni » che sarebbero potuti derivare da una mera complicazione narrativa del nucleo originario, ma il poema eroico (’Gierusalemme distrutta, di cui il Marino parlava giá nel 1602) e la Galeria (uscita, nel ’ig, mercè un drastico ridimensionamento delle primitive ambizioni al far grande, alla * unicitá * dell’opera, anche sul piano grafico e tipografico), le Fantasie (« libro pieno di stravaganze dilettevoli ... ad imitazione de’ romanzi spagnuoli ») e la Polinnia (« piena di buona dottrina e varia ... a concorrenza quasi del Pontano »), e ovviamente le Trasformazioni. (Notevole che si salvasse solo, per un’uscita