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TOMMASO STIGLIANI

senza gemme, e soggiunge che chi nel volto umano legge questa parola «omo», avrebbe in esso facilmente conosciuta la «m». Ove denota che, parendo i due occhi due «o», il naso, che stava in mezo ed era spolpato, mostrava colle sue tre ossa la forma d’una «m» maiuscola antica, cosi: CD; onde tutte e tre esse lettere leggendosi dicevano «OCDO». Se a V. E. parrá che questa mia esplicazione abbia indovinata la mente dello scrittore, l’accetti come vera; se non le parrá, l’accetti come nuova: ché, in qualunque de’ due modi, io mi terrò contento. E per fine le fo umilissima riverenza.

Di Roma, 27 febraro 1644.

XCV

Al signor Giovanni Salzilli, a Treviso


Suole Apollo abbandonare i suoi seguaci quando Venere abbandona i suoi cultori. Per questa ragione, non può promettere di certo all’amico di mandargli una poesia in lode di una duchessa.

Di Matera, 4 d’aprile 1644.

XCVI

Al signor Appio Conti duca di Poli, a Parma


Non può entrare al servigio del Cardinal Farnese, se non si scioglie dagli impegni che ha col principe di Gallicano.

Ricevo la cara lettera di V. E., nella qual mi s’avvisa come il signor principe cardinale Farnese, destinando la sua nuova famiglia che dovrá tenere nel suo prossimo venire ad abitare a Roma, ha eletto me per uno de’ suoi gentiluomini e famigliari. Alla qual rispondo che non potrebbe l’E. V. credere quanto altamente io mi glorii di questo onor fattomi in mia vecchiezza da quell’ Eminenza, e sopra ogni mio merito e fuor d’ogni mio pensamento e pretensione; mentre il mio desiderio, come a V. E. io dissi in Roma, era solo di poter riscotere col suo favore i