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CCXXXVII

Al medesimo


Ancora della spedizione dei libri a Roma, dell’invio dei dolci al cardinale Scaglia e della polemica a proposito deWsldom.

Rendo grazie a V. S. della diligenza usata intorno alla cosa de’ libri e starò aspettandone l’ordine; ma veggo gran difficoltá nel mandargli al presente, per cagione di questi sospetti di peste e turbulenze di guerra che qui s’intendono, poiché mi dicono che non lasciano costi passare né entrare barche che di qua vengano. Onde non so che farvi.

L’istesso rispetto non mi lascia inviar le scatole che tengo preparate un pezzo fa al signor Cardinal di Cremona, poiché mandarle col procaccio sarebbe un perderle affatto, essendo cose liquide. Bisogna adunque aver alquanto di pazienza ed aspettare finché il passaggio del mare sia spedito; e quando sará tempo, V. S. me ne dará a viso.

Piú volte mi son provato per far la risposta al sonetto di V. S., ma non mi riesce cosa che vaglia, perché non ho vena. Vedrò in ogni modo di servirla.

V. S. mi fará favore di salutar caramente da mia parte il nostro signor Preti e di scusarmi con esso lui se non gli scrivo, perché realmente non mi ritrovai giamai altrettanto occupato.

Non rispondo alle sue ragioni nel particolare dell’ Adone, perché non voglio entrare in controversia con amico cosi caro e cosi buono, né basterá mai tutta la malignitá del mondo ad avvelenare l’amore che passa tra noi o asperger fiele nella dolcezza della nostra affezione. E tanto basti.

Intendo che in Roma si tocca tamburo e si fa gente con gran motivi di guerra. Desidero di saperne il vero. E bacio a V. S. con tutto il cuore le mani.

Di Napoli [autunno 1624].