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182 parte quarta

e, s’io ti spiaccio, poi radoppia il corso;
posa giú alquanto la faretra e l’arco,
bella d’Amor saettatrice ardita,
e, se caccia fie pur ch’a te sia in grado,
io sia la caccia e questo cor la preda.
Posa qui meco in sul vermiglio prato,
al rezzo de le verdi ombrose fronde,
e del crin vago i lascivetti errori,
che sparso al vento in mille giri ondeggia,
raccorcia e lega; ond’io di fior novelli...1
tenere, legga e di mia man gl’intessa,
purché tu poscia al tuo fedel amante
d’un serto di tua man còlto e contesto
fregi le tempie e l’auree corna avolga.
Qui farotti sentir, di te cantando
l’alte bellezze e i miei felici amori,
quanto di stile e di dolcezza e d’arte
sovra l’uso mortal valga il mio canto.
     Ma tu tanto piú corri, che sí presta
fuggir non puoi, né sí spedita e sciolta,
che ’l tempo piú di te ratto non fugga,
anzi, ch’ei non ti segua e non t’aggiunga;
ch’assai tosto vedrai queste bellezze,
ond’altiera vai sí, languir neglette
e cader de l’etade il fiore e ’l pregio.
Folle, non ti fidare che sí fresche
viole e rose e nevi hai nelle guance,
ch’ancor la neve al Sol tosto si strugge:
langue la rosa, e la viola in breve,
d’austro al primo furor seccando, manca.
O Siringa, o Siringa, o empia, o empia,
ritrosa giovanetta, empia e ritrosa,
alpestre ninfa, inessorabil ninfa,
immobil ninfa, ch’al mio ben contrasti;


  1. Anche qui manca certamente uno o piú versi [Ed.].