Pagina:Marino Poesie varie (1913).djvu/260

Da Wikisource.
248 parte quinta

xix

san cristofaro

di Bernardo Castello.

     Quei che sotto l’incarco
del fanciullo pesante,
Castel, le spalle sante incurva in arco,
come m’invita a dir d’opra sí degna,
cosí a tacer m’insegna.
Ché, mentre per lodarlo
scioglio la lingua e parlo:
— Ben aver può — mi dice, — o vaneggiante,
l’ingegno tuo da la mia soma appreso
che sien debili forze a grave peso! —


xx

san francesco

di Camillo Procaccini,
in casa di Giovan Carlo Doria.

     Le luci al paradiso
volge Francesco, ov’arde il suo divino
amato serafino;
e colá tutto fiso
erge le palme ed apre il fianco inciso.
Ben vive il senso in quelle piaghe ardenti,
e ben forse poría chi gli è vicino
vederne il moto ed ascoltar gli accenti.
Ma la pietate e ’l zelo
tanto il rapisce al cielo,
che tacer gli convien, né può né vòle
formar parole.