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Pagina:Marino Poesie varie (1913).djvu/301

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versi di occasione 289

xiii

il golfo di lepanto

     Questo è ’l mar di Corinto. Ecco ove l’empio
stuol d’Oriente il gran navilio assalse;
qua sotto entra Acheloo ne l’acque salse,
lá presso ha varco di Giunone il tempio.
     Tico, qui fe’ con memorando essempio
il giovinetto ibero, a cui non valse
difesa oppor, de l’idolatre e false
squadre del fier soldan mortale scempio.
     Raccolto Proteo il suo ceruleo armento,
l’atra strage predisse, e Triton poi
cantolla a suon d’orribil corno al vento.
     Squallido, e piú che mai torbido a noi,
nodriFonte/commento: ed.1602 gran tempo il liquido elemento
di cadaveri e sangue i mostri suoi.


xiv

per isabella andreini

recitante in una tragedia.

     Tace la notte, e chiara al par del giorno,
spiegando per lo ciel l’ombra serena,
giá per vaghezze oltre l’usato affrena
di mille lumi il bruno carro adorno.
     Caggia il gran velo omai, veggiasi intorno
dar bella donna altrui diletto e pena,
che ’n su la ricca e luminosa scena
faccia a Venere, a Palla invidia e scorno.
     Febo le Muse, Amor le Grazie ancelle
seco accompagni, e da l’oblio profondo
sorga il Sonno a mirar cose sí belle.
     A sí dolce spettacolo e giocondo,
dian le spere armonia, lume le stelle,
sia spettatore il ciel, teatro il mondo.

G. B. Marino, Poesie varie. 19