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con dei ragni o degli insetti paralizzati in modo che restino immobili e vivi: del resto basta pensare alle formiche, che praticano, come noi, la pastorizia e l’agricoltura. Vi sono delle formiche americane (genere Atta), che ritagliano e preparano con cura certe foglie di piante tropicali per allevare su questi ritagli una specie di fungo, al quale fanno produrre per mezzo di metodi speciali un corpo farinoso di cui si nutrono. Quando una femmina fecondata va a fondare una nuova colonia, porta con sè nella mandibola un pezzo del prezioso fungo, non per cibarsene, ma per farne il germe della futura alimentazione della colonia. — Ma tutto questo, per quanto mirabile sembri, non esce dai limiti delle cause naturali. Pensiamo, nella sfera umana, a quella meravigliosa creazione che è il linguaggio: nessun uomo, per quanto intelligente, lo creerebbe; esso si è formato nella vita della specie. Vi è in questa una somma di sforzi che, sommati e trasmessi, si traducono in attività, le quali trascendono la capacità dell’individuo. Non è necessario ricorrere ad alcun fattore soprannaturale, ad alcuna visione lucida ereditaria: questa «visione lucida» è il risultato del concorso di attività iniziate ed esercitate da individui eccezionalmente intelligenti, in condizioni probabilmente diverse dalle attuali e col sussidio di facoltà diverse dalle nostre: attività trasmesse poi e fissate stabilmente attraverso un’infinità di secoli nei loro discendenti1.

Ma vi sono degli istinti che anche con l’esperienza della specie sembrano non potersi spiegare. La maggior parte degli insetti, p. es., muore dopo deposte le uova: quindi non vede nemmeno lo schiudersi della generazione seguente, che ha luogo l’anno dopo: come può aver acquistato per esperienza l’istinto di provvedere ad una prole che non ha mai conosciuto? Qui naturalmente i teologi fanno intervenire la provvidenza divina, qualche filosofo pensa alla natura, all’incosciente, all’anima universale; Darwin ricorre alla potenza del caso che avrebbe creato in alcuni individui tendenze favorevoli alla specie, le quali ten-

  1. Così anche Darwin spiega l’istinto per cui alcune vespe (Sfhex) sanno paralizzare la loro preda. Si veda la lettera di Darwin in Romanes, Die geitige Entwicklung im Tierreich (tr. ted.) 1885. p. 332-334.