Pagina:Martini - Trattato di architettura civile e militare, 1841, I.djvu/335

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LIBRO SESTO.



PROLOGO.

Avendo la natura ordinato che diverse parti della terra siano dotate di varii frutti di contrarie complessioni, ne venne che, perchè in una medesima parte non possono convenientemente diverse e contrarie complessioni nutrirsi, e perchè ogni cosa si nutrisce del suo simile, non possano per questo gli abitanti usare in una parte i frutti della terra senza qualche ingegnoso instrumento, e questo non può essere se non mediante l'elemento dell'acqua flussibile, perocchè per terra non saria qualche volta nè possibile nè comodo. Fu dunque aiuto la nave, per la quale le mercanzie da luogo a luogo in grande quantità, e in breve tempo si possono trasportare; ed ordinato questo instrumento marittimo, fu necessario alla estremità del mare fare alcun ricettacolo, mansione o rifugio, nei quali fussero i navigli securi dai venti e dai flutti del mare. E questi luoghi quando congrui fussero formati dalla natura, si chiamano porti: quando dall'arte umana, si appellano moli. E questi non solo sono necessari per fuggire le tempeste, ma per levare e porre le mercanzie, e pigliare vittuarie, e rifare o ristaurare i navigli offesi: onde acciocchè la comodità dell'arte del navigare maggiormente si consegua per i mercanti e per gli altri, è conveniente dimostrare per le regole di architettura qual forma sia conveniente ai detti porti e altre parti loro, e oltre a questo dichiarare alcun modo di fondare in mare ed edificarvi.