Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/138

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Ella si alzò, Gaetano le disse di seguirla; attraversarono parecchie sale e si cacciarono io una cameretta poco illuminata.

Beatrice si abbandonò sovra un divano.

Nella sala da ballo era corsa voce che alla moglie di Blackman era sopraggiunto un leggiero mal di capo. Il marchese Rionero era occupato ad un tavolino di whist; Carolina, sbalordita dal ballo, circondata dagli omaggi de’ più allegri giovani, avea per un momento dimenticato la sua amica. D’altra parte, la fanciulla, avendo veduto Beatrice allontanarsi col suo consorte, stimò indiscrezione il seguitarla.

Gaetano e Beatrice rimasero soli.

La polka era ricominciata. I fragorosi motivi della musica colpivano appena le loro orecchie, e lo strofinio dei passi sullo sdrucciolevole pavimento si sentiva appena come il mormorio di quelle onde addormentate che si rompeano sulla spiaggia di Mergellina.

Gaetano era rimasto all’impiedi sotto la volta del balcone e si taceva in un silenzio tamultuante di affetti; ma lo stato in cui egli vedea la donna del suo cuore lo spaventò così che, appressatosi a lei:

— Beatrice, le disse, io sono il più disgraziato degli esseri umani: è qualche tempo che voi soffrite e mi celate la cagione delle vostre lagrime e delle vostre sofferenze. Non al medico, non al marito, ma all’amico aprite l’animo vostro. Abbiate pietà di me, non isquarciate questo cuore che tanto vi ama; abbiate in me confidenza, perocchè spero provarvi che non