Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/148

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re, con frenesia. Il galop, scervellato e furibondo, succedè a’ passi misurati delle contradanze, alle brusche movenze della polka, ai giri vorticosi del valser fancese.

La festa di ballo terminò allo spuntar dell’alba.

Allorchè il giorno venne a rischiarare in quella casa gli avanzi della festa, un sentimento penoso colpì tutti nel ravvisar sulle fattezze di Beatrice un lividore di morte.

E quando Carolina, accompagnatala nella stanza che agli sposi venne destinata, si congedava da lei, augurandole buon riposo, la fanciulla non potè rispondere, giacchè un urto di tose secca e cavernosa le troncò la parola.

Gaetano e il Marchese si trattennero alcun poco presso la fanciulla, che cadde in una specie di sopore affannoso. E quando fu tempo di ritirarsi, Gaetano guardò supplichevole il Marchese implorando tacitamente da lui la grazia di rimanersi accanto all’adorata fanciulla. Il marchese Rionero capì quello che Gaetano volea dirgli, lo abbracciò, e traendolo seco da quella stanza, sottovoce gli disse; A Sorrento.


V.


la malattia di beatrice.


La dimane, il marchese Rionero, Gaetano, Beatrice e Carolina ritornavano a Sorrento, dove giunsero verso le due pomeridiane. Il conte