Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/17

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timento di calda riconoscenza verso il cielo, che non avea permesso il trionfo, di tanta scelleraggine.

Non sapremmo dire quante volte Gaetano rilesse e ribaciò quel foglietto di carta avvegnachè nella lettera di Beatrice nissuna parola esprimesse l’amore, ma tutte la più sincera amicizia. Eppur di tanto era pago il cuore del giovin Calabro, il quale; nel corso di sua vita, mai non avea gustato la dolcezza di un’amica parola! Gli sembrava impossibile che Beatrice avesse scritto a lui! Allora che più esacerbavansi i dolori della sua ferita, ei toglievasi in mano quella scrittura, la rileggea dall’un capo all’altro, e sempre vi trovava un balsamo che l’asprezza dei patimenti gli molceva, e l’anima gli andava temperando alla pazienza, alla mansuetudine, al perdono!

Dopo un mese, Gaetano si sentì guarito a bastanza per tornare a Sorrento. È indicibile con quanta gioia ci vide spuntar il giorno nel quale gli era concesso di riveder Beatrice. Come lunghi e penosi gli erano sembrati i giorni che lo avean tenuto lontano da quanto egli amava! Nella ebbrezza del contento per vedersi in istato di volare là dove perennemente era stato col pensiero, egli avea dimenticato ogni altro proponimento da lui formato nel corso della sua malattia: la vendetta che avea meditata fredda, terribile, inaudita contro l’infame che aveva attentato ai suoi giorni, non si era neanche presentata al suo animo in quel dì che ri-