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tuttavia vivente! Alcun poco temperava i timori del Cavaliere la speranza che i due assassini non avessero rivelato il suo nome al Blackman nel momento di eseguire il delitto, comechè egli lo avesse loro imposto, non potendo mai supporre che il colpo andasse a vuoto.
«Forse il Blackman ignora l’autore dell’attentato, dicea nella sua mente il Cavaliere; forse ei non ha visto nei suoi assassini che due ladri, i quali altro scopo non aveano che rapirgli con la vita le sostanze che portava addosso. Forse que’ due, commesso il delitto, sen fuggirono per sottrarsi alla giustizia e godersi altrove il frutto dell’opera comune».
A quest’ultima ipotesi fermossi il Cavaliere, chè la più probabil gli parea, anzi qual certezza la tenne dappoi che molti altri giorni scorsero senza che altro avesse potuto sapere sulla sorte del Blackman e de’ due sicari. Soltanto davagli pensiero e molestia il dubbio in cui era se l’abborriio rivale fosse oppur no ancora in vita.
Un giorno mandò persona a Sorrento per indagar destramente se il Blackman era più tornato al casino Rionero, e seppe, con gioia, che il medico inglese più non vi era riapparso. Questa notizia fu balsamo al pensiero che lo aspreggiava; ed ormai si tenea sicuro della morte di colui, che tanto egli odiava.
Aveva il perfido signorotto deliberato nell’amo suo di ritornare, dopo alcuni mesi, a Sorrento, per ritentare le sue sedozioni sul marchese Rionero e sulla cieca. Fermato questo