Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/5

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rubava e fu dirubato; facea morir di stenti il suo prossimo, e morì anelando una goccia d’acqua.

Ci corre il debito di raccontare rapidamente ai nostri lettori la fine di questi due sciagurati, siccome l’abbiamo parecchie volte accennata.

Nunzio Pisani, commesso il delitto sulla persona dell’infelice Albina di Saintanges, s’involava per la terrazza del casino, per la quale si era intromesso nella camera della Marchesa.

Un istrumento di ferro a bella posta foggiato era servito a sgangherare e schiudere leggiermente le imposte del balcone.

Tommaso Basileo, che aveva ordita, diretta e guidata la mala opera, si era messo alla vedetta nella villa, poco lungi dal casino.

Entrambi, calpestando le più belle aiuole della villa, scaraffando rami e ceppaie, saltando su per ispalliere, scavalcando mura, evasero con prestezza da quel recinto, e si misero per la via che menava a Napoli.

Era il cuor della notte. L’oscurità era tale che i due malvagi non si vedean l’un l’altro, e a passi frettolosi batteano lo sterrato.

Nunzio avea dato a Tommaso la borsa piena d’oro e un fazzoletto in cui erano diversi oggetti d’oro e di argento rubati benanche alla Marchesa Rionero: egli portava il cassettino.

Attraversando un podere, udirono il latrar di un mastino; eglino affrettarono i passi, ma il cane lor fu addosso in un momento... Nunzio, più giovane, più robusto, fuggì come il lampo, temendo non solo di essere assannato dalla bestia, ma di essere scoperto dalla gente che