Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/66

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— Ebbene, non mi guardate, Oliviero; guardate il firmamento così lucido, così ricco di mondi; serbate la vostra ammirazione per questo universo che sfugge alla nostra vista come al nostro pensiero; serbate la vostra adorazione per l’Eterno suo Fattore. La vostra mente è tanto elevata! la creazione, potrei dire, non ha segreti per voi; perchè consumare il vostro entusiasmo per una misera creatura qual’io mi sono?

— Questa creazione di cui tu mi parli, oggi, io l’ammiro in te che ne sei la più bell’opera.

— Non parlate così, Oliviero, chè le vostre parole mi fan male; abbiate pietà di me... Se sapeste quanto io soffro al pensiero che forse la vostra vita fu aspreggiata da sventure, che nessuno amico alleviò!

— Perdono, Beatrice, perdona, se debbo mancare inverso te di confidenza. Possenti motivi chiudon le mie labbra... Ma non credere però che una viltà abbia giammai contaminato questo povero mio cuore, sul quale oggi tu imperi... No, pura di colpe è la mia vita, ma in faccia alla società vi sono colpe incancellabili: spietata nei giudizii, essa non si placa giammai, per quanti sforzi un uomo faccia per illustrare il proprio nome.

— Qualunque sia stato il vostro passato, io lo rispetto, Oliviero, e non cercherò di sollevare il velo che lo ricopre. I titoli che voi avete alla mia eterna gratitudine non han nulla di comune co’ segreti del vostro cuore.

— E parlerai tu sempre di gratitudine, Beatrice? Oh! se questo è il solo sentimento ch’io