Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/129

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Don Gesualdo cominciò subito a sfogarsi narrando i suoi guai: il padre che si ostinava a fare di testa sua, per mostrare ch’era sempre lui il capo, dopo aver dato fondo al patrimonio... Gli era toccato ricomprargliela due volte la fornace del gesso! E continuava a metterlo in quegli impicci!... E se lui diceva ahi! quando era costretto a farsi aprire la vena e a lasciarsi cavar dell’altro sangue per pagare, allora il padre gridava che gli si mancava di rispetto. La sorella ed il cognato che lo pelavano dall’altra parte. Una bestia, quel cognato Burgio! bestia e presuntuoso! E chi pagava era sempre lui, Gesualdo!... Suo fratello Santo che mangiava e beveva alle sue spalle, senza far nulla, da mattina a sera: — Col mio denaro, capite, vossignoria? col sangue mio! So io quel che mi costa! Quando ho lasciato mio padre nella fornace del gesso in rovina, che non si sapeva come dar da mangiare a quei quattro asini del carico, colla sola camicia indosso sono andato via... e un paio di pantaloni che non tenevano più, per la decenza... senza scarpe ai piedi, sissignore. La prima cazzuola per incominciare a fare il muratore dovette prestarmela mio zio il Mascalise... E mio padre che strepitava perchè lasciavo il mestiere in cui ero nato... E poi, quando presi il primo lavoro a cottimo... gridava ch’era un precipizio! Ne ho avuto del coraggio, signor canonico! Lo so io quel che mi costa! Tutto