Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/194

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giorno di nozze che non gli aveva dato un sol momento buono.

— Ehi?... Perchè non dici nulla?... Cos’hai?... — Rimase un momento imbarazzato, senza saper che dire neppure lui, umiliato nel suo bel vestito nuovo, in mezzo ai suoi mobili che gli costavano un occhio del capo.

— Senti... s’è così... se la pigli su quel verso anche tu... Allora ti saluto e vo a dormire su di una sedia, com’è vero Dio!...

Essa balbettò qualche parola inintelligibile, un gorgoglìo di suoni timidi e confusi, e chinò il capo ubbidiente, per cominciare a togliersi il pettine di tartaruga, colle mani gracili e un po’ sciupacchiate alle estremità di ragazza povera avvezza a far di tutto in casa.

— Brava! brava! Così mi piaci!... Se andiamo d’accordo come dico io, la nostra casa andrà avanti... avanti assai! Te lo dico io! Faremo crepare gli invidiosi... Hai visto stasera, che non son voluti venire alle nozze?... Quante spese buttate via!... Hai visto che mi mangiavo il fegato e ridevo?... Riderà meglio chi ride l’ultimo!... Via, via, perchè ti tremano così le mani?... non sono tuo marito adesso?... a dispetto degli invidiosi!... Che paura hai?... Senti!... quel Ciolla!... mi farà fare uno sproposito!...

Essa tornò a balbettare qualche parola indistinta, che le spirò di nuovo sulle labbra smorte, e alzò per la