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per convenienza, e donna Sarina Cirmena che ficcava il naso da per tutto; il canonico Lupi da parte della baronessa Rubiera. La zia Sganci e gli altri parenti mandarono il servitore a prender notizie della nipote. Don Diego, reggendosi appena sulle gambe, sporgeva il capo dall’uscio, e rispondeva a ciascheduno:
— Sta un po’ meglio... E’ più calma!... Vuol esser lasciata sola...
— Eh! eh! — mormorò il canonico scuotendo il capo e guardando in giro le pareti squallide della sala: — Mi rammento qui!... Dove è andata la ricchezza di casa Trao?...
Il barone scosse il capo anche lui, lisciandosi il mento ispido di barba dura colla mano pelosa. La zia Cirmena scappò a dire:
— Sono pazzi! Pazzi da legare tutti e due! Don Ferdinando già è stato sempre uno stupido... e don Diego... vi rammentate? Quando la cugina Sganci gli aveva procurato quell’impiego nei mulini?... Nossignore!... un Trao non poteva vivere di salario!... Di limosina sì, possono vivere!...
— Oh! oh! — interruppe il canonico, colla malizia che gli rideva negli occhietti di topo, ma stringendo le labbra sottili.
— Sissignore!... Come volete chiamarla? Tutti i parenti si danno la voce per quello che devono man