Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/22

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E voltò le spalle soffiando gravemente, tossendo, spurgandosi. I parenti si guardarono in faccia. Il canonico, per discrezione, prese a tenere a bada il barone Mendola, dandogli chiacchiera e tabacco, sputacchiando di qua e di là, onde cercare di sbirciar quello che succedeva dietro l’uscio socchiuso di donna Bianca, stringendo le labbra riarse come inghiottisse ogni momento:

— Si capisce!... La paura avuta!... Le avevano fatto credere d’avere i ladri in casa!... povera donna Bianca!... E’ così giovine!... così delicata!...

— Sentite, cugina! — disse donna Sarina tirando in disparte la Macrì. Don Ferdinando sciocco, voleva accostarsi per udire lui pure: — Un momento! Che maniera! — lo sgridò la zia Cirmena. —

Ho da dire una parola a vostra zia!... Piuttosto andate a pigliare un bicchiere d’acqua per Bianca, che le farà bene...

Tornò a scendere Santo Motta di lassù, fregandosi le mani, coll’aria sorridente: — E’ tutta rovinata la cucina! Non c’è più dove cuocere un uovo!... Bisognerà fabbricarla di nuovo! — Come nessuno gli dava retta, fissava in volto or questo ed ora quello col suo sorriso sciocco.

Il canonico Lupi, per levarselo dai piedi, gli disse infine:

— Va bene, va bene. Poi ci si penserà...

Il barone Mendola, appena Santo Motta volse le spalle, si sfogò infine: