Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/228

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spuntare del giorno si vide la Piazza Grande piena zeppa di villani: un brulichìo di berrette bianche; un brontolìo minaccioso. Fra Girolamo dei Mercenari, che era seduto all’ombra, insieme ad altri malintenzionati, sugli scalini dinanzi allo studio del notaro Neri, come vide passare il barone Zacco colla coda fra le gambe, gli mostrò la pistola che portava nel manicone.

— La vedete, signor barone?... Adesso è finito il tempo delle prepotenze!... D’ora innanzi siam tutti eguali!... — Correva pure la voce dei disegni che aveva fatto fra Girolamo: lasciar la tonaca nella cella, e pigliarsi una tenuta a Passaneto, e la figliuola di Margarone in moglie, la più giovane.

Il notaro ch’era venuto a levar dallo studio certe carte interessanti, dovette far di cappello a fra Girolamo per entrare: — Con permesso!... signori miei!... — Poi andò a raggiungere don Filippo Margarone nella piazzetta di Santa Teresa: — Sentite qua; ho da dirvi una parola!... — E lo prese per un braccio, avviandosi verso casa, seguitando a discorrere sottovoce. Don Filippo allibbiva ad ogni gesto che il notaro trinciava in aria; ma si ostinava a dir di no, giallo dalla paura. L’altro gli strinse forte il braccio, attraversando la viuzza della Masera per salire verso Sant’Antonio. — Li vedete? li sentite? Volete che ci piglino la mano, i villani, e ci facciano