Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/306

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indiavolato di mortaletti. Don Ferdinando fuggì via spaventato. Gli altri che assistevano al battesimo corsero al balcone coi ceri in mano. Persino il canonico in cotta e stola. Era Santo, il fratello di don Gesualdo, il quale festeggiava a quel modo il battesimo della nipotina, scamiciato, carponi per terra, colla miccia accesa. Don Gesualdo aprì la finestra per dirgli un sacco di male parole:

— Bestia!... Ne fai sempre delle tue!... Bestia!...

Gli amici lo calmarono: — Poveraccio... lasciatelo fare. È un modo d’esprimere la sua allegria...

La zia Sganci trionfante gli mise sulle braccia la figliuola:

— Eccovi Isabella Trao!

— Motta e Trao! Isabella Motta e Trao! — corresse il marchese. Zacco soggiunse ch’era un innesto. Le due famiglie che diventavano una sola. Però don Gesualdo tenendo la bambina sulle braccia rimaneva alquanto imbroncito. Intanto don Luca, aiutato da Barabba e dal cacciatore, serviva le granite e i dolci. La zia Cirmena, che aveva portato seco apposta il nipotino La Gurna, gli riempiva le tasche e il fazzoletto. Le Zacco invece, poichè la maggiore, contegnosa, non aveva preso nulla, dissero tutte di no, una dopo l’altra, mangiandosi il vassoio cogli occhi. Don Luca incoraggiava a prendere dicendo:

— È roba fresca. Sono stato io stesso ad ordinarla a Santa Maria e al Collegio. Non s’è guardato a spesa.