Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/329

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scondersi nella scala del campanile, una domenica, per vedere se era vero che il padre d’Isabella portasse la berretta.

Egli trovava la sua figliuoletta ancora rossa, col petto gonfio di singhiozzi, volgendo il capo timorosa di veder luccicare dietro ogni grata gli occhietti maliziosi delle altre piccine, guardandogli le mani per vedere se davvero erano sporche di calcina, tirandosi indietro istintivamente quando nel baciarla la pungeva colla barba ispida. Tale e quale sua madre. — Così il pesco non s’innesta all’ulivo. — Tante punture di spillo; la stessa cattiva sorte che gli aveva attossicato sempre ogni cosa giorno per giorno; la stessa guerra implacabile ch’era stato obbligato a combattere sempre contro tutto e contro tutti; e lo feriva sin lì, nell’amore della sua creatura. Stava zitto, non lagnavasi, perchè non era un minchione e non voleva far ridere i nemici; ma intanto gli tornavano in mente le parole di suo padre, gli stessi rancori, le stesse gelosie. Poi rifletteva che ciascuno al mondo cerca il suo interesse, e va per la sua via. Così aveva fatto lui con suo padre, così faceva sua figlia. Così dev’essere. Si metteva il cuore in pace, ma gli restava sempre una spina in cuore. Tutto ciò che aveva fatto e faceva per la sua figliuola l’allontanava appunto da lui: i denari che aveva speso per farla educare come una signora, le compagne in