Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/370

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III.




Allorchè giunsero alla Salonia trovarono che tutti gli altri inquilini della fattoria caricavano muli ed asinelli per fuggirsene. Inutilmente Bomma, che era venuto dalla vigna, lì vicino, si sgolava a gridare:

— Bestie! s’è una perniciosa!... se ha una febbre da cavallo! Non si muore di colèra con la febbre!

— Non me ne importa s’è una perniciosa! — borbottò infine Giacalone. — I medici già son pagati per questo!...

Mastro Nunzio stava male davvero: la morte gli aveva pizzicato il naso e gli aveva lasciato il segno delle dita sotto gli occhi, un’ombra di filiggine che gli tingeva le narici assottigliate, gli sprofondava gli occhi e la bocca sdentata in fondo a dei buchi neri, gli velava la faccia terrea e sporca di peli grigi. Aprì quegli occhi a stento, udendo suo figlio Gesualdo che gli stava dinanzi al letto, e disse colla voce cavernosa: