Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/375

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È morto, ora, mio padre! Non c’è nessuno che pensi a noi!

Gesualdo che l’aveva lasciata sfogare un pezzo tentennando il capo, cogli occhi gonfi, le disse infine:

— Hai ragione!... Non ho fatto mai nulla per voialtri!... Hai ragione di lagnarti della buona misura!...

— No, — interruppe Burgio. — No! Parole che scappano nel brucio, cognato.

Intanto bisognava pensare a seppellire il morto, senza un cane che aiutasse, a pagarlo tant’oro! Un falegname, lì al Camemi, mise insieme alla meglio quattro asserelle a mo’ di bara, e mastro Nardo scavò la buca dietro la casa. Poi Santo e don Gesualdo dovettero fare il resto colle loro mani. Burgio però stava a vedere da lontano, timoroso del contagio, e sua moglie piagnucolava che non le bastava l’animo di toccare il morto. Le faceva male al cuore, sì! Dopo, asciugatisi gli occhi, rifatto il letto, rassettata la casa, nel tempo che mastro Nardo preparava le cavalcature, e aspettavano seduti in crocchio, ella attaccò il discorso serio.

— E ora, come restiamo intesi?

Tutti quanti si guardarono in faccia a quell’esordio. Massaro Fortunato tormentava la nappa della berretta, e Santo sgranò gli occhi. Don Gesualdo però non aveva capito l’antifona, col viso in aria, cercava il verbo.