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vero, più innegabile, la madre che ama con le sue viscere e col suo cuore, la madre il cui amore ha mille forme, mille furori, mille ardori, mille follie? O psicologi, o artisti, o figli, o ingrati!

Ma se, nell’assorbimento ingiusto e monotono, indizio di debolezza e d’impotenza dell’arte e della psicologia moderna, se in questa idea fissa dell’amore, se in questa monomania in cui quelli che pensano e che osservano, restringono meschinissimamente la loro visione, è dimenticata questa forma così svariata e così nobile, così umana e così divina che è la madre, ella non perde, no, il suo fedele, costante, immutabile posto d’ispiratrice, che tenne nel tempo, che nel tempo terrà. Se l’amante prende un uomo e lo fa diventare un artista, la madre riceve da Dio un bimbo e dà alla società un uomo: e i germi della grandezza spirituale che l’amore fa fiorire, furono invero, seminati dalle mani materne. O anni dell’infanzia, quando, ai