Pagina:Matilde Serao Il ventre di Napoli, 1906.djvu/28

Da Wikisource.
16 Il ventre di Napoli

trenta soldi al giorno per dodici ore di lavoro, talvolta penosissimo. I tagliatori di guanti guadagnano novanta centesimi al giorno. E notate che la gioventù elegante di Napoli, è la meglio vestita d’Italia: che a Napoli si fanno le più belle scarpe e i più bei mobili economici; notate che Napoli produce i migliori guanti. Altri mestieri inferiori stabiliscono la mercede a settantacinque centesimi, a dodici soldi, a dieci soldi. Per questo essi non possono pagare più di cinque, sette, dieci lire il mese di pigione — e come la miseria incombe, la donna, la moglie, la madre, tutte quelle che hanno già molto partorito, che hanno allattato, tutte quelle che dovrebbero lavorare in casa, cercano lavoro, fuori.

Fortunate quelle che trovano un posto alla Fabbrica del tabacco, che sanno lavorare e arrivano ad allogarsi, come sarte, come modiste, come fioraie! La mercede è miserissima, quindici lire, diciassette, venti lire il mese; pure sembra loro fortuna. Ma sono poche: tutto il resto della immensa classe povera femminile, si dà alla domesticità.

La serva napoletana si alloga per dieci lire il mese, senza pranzo: alla mattina fa due o tre miglia di cammino, dalla casa sua alla casa dei suoi