Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Il ventre di Napoli | 53 |
hanno pranzato o cenato con la vincita, per ricominciare a giuocare, la settimana dopo, con maggior ardore.
E ognuno ha il suo biglietto speciale, che gioca ogni settimana, da anni ed anni, con una fede che mai non crolla: un lustrascarpe ne giuocava uno da trent’anni e glielo aveva lasciato in eredità suo padre, morendo, insieme con la cassetta per lustrare: erano usciti degli àmbi, tre o quattro volte, in trent’anni; il terno, mai.
Un portinaio ne giuocò uno, per quarantacinque anni, senza prendere mai nulla: la prima settimana che per un caso singolare, se ne scordò, il terno uscì — il portinaio morì di dolore.
E vi è sempre il biglietto del grande avvenimento, rissa o suicidio, revolverata o veleno; e infine vi è il biglietto cabalistico, quello strappato dall'assistito o al monaco.
Questi quattro biglietti bisogna giuocarli a ogni modo; rappresentano una media variabile da cinquanta centesimi a due lire la settimana. Quando il napoletano non ha più che due soldi, li va a giuocare al gioco piccolo, o lotto clandestino.