Pagina:Matilde Serao La moglie di un grand'uomo, 1919.djvu/146

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chiuso le imposte della camera sua, si era spogliata ed aveva chiuso gli occhi nella fissazione di voler dormire; ma in quella stanza oscura e calda, temeva di cadere in deliquio; le conveniva alzarsi, vestirsi ed andare a passare le ore, solitaria, dietro la tendina alzata del suo balcone. Aveva lottato due mesi, aveva usato tutti i mezzi, aveva sprecato una inesauribile dose di pazienza, ma lo scopo si era allontanato sempre più. Ne aveva parlato al medico, ne aveva chiesto al confessore: le fu detto che era un fenomeno naturale, una inclinazione del suo temperamento; la risposta la persuase ed essa si rassegnò. Quando qualcuno le diceva in aria di profonda meraviglia: — Come non dormite dopo pranzo? è strano — ella rispondeva freddamente: — Non vi è nulla di strano, è il mio temperamento.

Che poteva attirarla in quell’angolo solingo, lei che non si faceva attirare da nulla? Era il temperamento, una inclinazione che non poteva vincere, un’abitudine inveterata. Da vedere non ci era niente che non fosse visto e rivisto per molti anni in fila, non vi si ascoltava alcuna voce, alcun canto, alcuna musica; d’inverno spesso pioveva, ed era allora tristissima cosa l’aspetto delle strade che si impantanavano e delle case