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Pagina:Matilde Serao La moglie di un grand'uomo, 1919.djvu/151

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silvia 143


delle chiavi, perchè queste non tintinnassero, parlando poco, sorridendo molto meno, pensando pochissimo, immaginando nulla ed aspettando la morte senza impazienza.

Era questa la miserabile creatura seduta dietro i vetri del balcone, nel puro pomeriggio estivo; la povera ed infelice creatura che non poteva comprendere la bellezza di quell’ora. Lentamente, nel tramonto, l’orizzonte, s’infiammava d’una luce corallina; sull’estremo lembo del cielo, una sbarra di nuvole, lunga, stretta somigliava ad un nastro d’arancio e violetto, frangiato di oro. Poi tutto l’arco del cielo s’incendiò, ma di un incendio lento e dolce; sulle case bigie, oscure, vecchie, si riflesse un chiarore roseo che parve le ringiovanisse; i vetri delle finestre divennero abbaglianti; le banderuole di ferro, agitantisi nel venticello crepuscolare, sembravano ali lucide di uccelli fantastici. Tutto il mondo, nell’infinito amore della luce che se ne andava, parve si fosse cangiato in oro liquido e colante.

Quasi per forza, Silvia dovette contemplare quello spettacolo meraviglioso. Rimase un istante immota, poi sentì un grande calore scorrerle per la persona, un senso benefico e piacevole che sembrò avesse dileguato l’invincibile ghiac-