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cappelli di paglia; sette od otto berretti da viaggio, da velocipede, da canottaggio...

VI. La villeggiatura: perché ci si va?

In fondo; questo affare della villeggiatura, come tante altre cose della vita, è tutta una questione d’imitazione, di preconcetto, di amor proprio: non è quasi mai una questione di iniziativa, di indipendenza, di vera necessità. La Tale dice di voler partire, perché si è giunti alla metà di luglio, non per altro: e, subito un seguito di signore si decide a partire, perché la prima lo ha detto. Il Tale Altro dice di dover partire, perché lo aspettano nel suo collegio elettorale, o nelle sue terre, o perché ella lo aspetta altrove: e, subito subito, un seguito di signori, amici e conoscenti, inventa qualche ragione impellente, per doversene andare al più presto. La Tale signora dichiara di sospendere ogni visita da fare o da ricevere, proclama che ella ha fatto togliere i tappeti, covrire i mobili con le fodere, voltare i quadri contro il muro, e conservare i bibelots nelle vetrine, perché così le è piaciuto, perché ella ha avuto il preconcetto della liberazione: e, immediatamente, tutte le altre case, di amiche e di conoscenti, sono in rivoluzione, coi mobili in aria e i libri per terra. Chi oserà mai disporre della propria volontà, in questo problema della villeggiatura? Chi avrà il coraggio di partire, quando gli piace, di andare dove gli conviene, di trattenersi quanto tempo vuole, di ritornare presto, di ritornare tardi, di non fare i bagni, o di non fare la cura climatica, di fare, infine, il proprio comodo? Chi, chi mai avrà il coraggio di non partire, se ciò non gli accomoda? O, almeno, chi avrà il

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