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si produce. Parliamo con un esempio. Un alcali e un acido in certe condizioni si combinano: l’affinità è la forza che determina la combinazione e la formazione di un sale. Intanto il calore e l’elettricità si manifestano, e cessata la trasformazione delle due materie in una nuova, le forze che si sono prodotte hanno finito esse pure di mostrarsi cogli effetti che loro sono propri. Prendo un bastone di ceralacca, lo confrico e il bastone si carica di elettricità. In questo caso per la forza nervosa impiegata a muovere la mano che tiene la cera lacca, produco nelle particelle di quasta un movimento molecolare durante il quale l’elettricità si palesa e con essa il calore. Il ferro nell’ossigene brucia, sì fa ossido, e calore e luce si producono.

Non vi è esempio che non conduca alle stesse conseguenze: in ogni caso di manifestazione di una forza v’è sempre trasformazione di materia, in conseguenza di una forza che ha agito precedentemente sulla materia stessa.

È questa trasformazione, che deve avvenire in tutte le parti del nostro corpo nell’atto della nutrizione, che può considerarsi la sorgente della forza nervosa.

Chi non sa che cessando la circolazione sanguigna in una parte qualunque di un animale, o più precisamente arrestandosi il passaggio del sangue arterioso o dei globuli ossigenati cessa sempre più o meno presto qualunque movimento in quella parte? chi non sa il rapporto che esiste fra l’attività dell’atto nutritivo e la quantità di forza nervosa che si produce? in qual altro modo se non con una maggior nutrizione, si ottiene una maggior produzione di forza nervosa?

Il sistema nervoso diviene in tale ipotesi quell’apparecchio in cui si raccoglie, si sparge la forza nervosa: la volontà per un legame, che ci sarà sempre misterioso, mette, come gli stimoli, in vibrazione l’etere che per l’atto della nutrizione ha preso nella sostanza nervosa una particolare distribuzione, da cui dipende quel particolare movimento vibratorio che è la forza nervosa stessa.